di Lorenzo Rondelli
GENOVA - La stagione agonistica 2023 si inaugura a Genova con ben 24 iscritti, tra i quali l’ex Coppa America (e non solo) Pietro D’Alì. Un poco come se si andasse a girare con gli amici con le mini-moto trovando in pista anche Valentino Rossi. Il Fireball procura anche queste (gradite) sorprese. Non è un caso che Beatriz Flamini esce dalla grotta nella quale è rimasta per 17 mesi il giorno prima della regata.
Diverse new entry, tra le quali il bimbo di Daniele, tutto suo padre: non si lamenta mai, dorme tutta la notte, fa sciogliere le fanciulle che gli capitano a tiro.
I venti dai quadranti meridionali portano il profumo della focaccia ligure fino in Francia, da dove, presumibilmente aiutati da un gagliardo Mistral, calano ben 4 equipaggi.
La rotta per arrivare al padiglione Jean Nouvel passa attraverso diverse banchine, nell’ultima delle quali ci accoglie il gommone PRO SECCO, beneaugurante per il rinfresco di domenica. Sono un pavido e non chiedo all’organizzazione se l’armatore faccia o meno parte dell’assistenza.
Sono senza famiglia al seguito: l’iniziale piano “arriviamo venerdì sera” viene tramutato in “sabato è brutto, noi veniamo in treno domenica e tu ci riaccompagni in auto a Milano la sera”. Alle sette di sabato mattina sono in auto, ancora ignaro che la Milano tentacolare avrà la meglio su moglie e figlio, che rimarranno metropolitani. Probabilmente sanno cose che noi velisti non potremmo immaginare.
La mezza maratona della città della lanterna non coglie impreparato il mio timoniere Stefano, che parte da Alessandria all’alba in modo da arrivare a Genova prima della chiusura delle strade. Solo nei pressi del porto si accorge di aver anticipato l’evento di 24 ore: la levataccia dovrà essere replicata anche il giorno dopo.
Sono sei mesi che non andiamo in barca, quindi non mi sorprende la sua confessione andreottiana (“non ricordo nulla”). Io sono stato più fortunato e posso dire di essere andato in acqua: con una cimetta ho tenuto l’Open Bic con il neo armatore (mio figlio) a bordo. Se è vero che non ero in barca è anche vero che avevo muta e giubbotto salvagente.
Per verificare il rake ci avvaliamo delle regolazioni riportate sulla barca di Andrea (6,81 e 6,79 metri). Alla misura aggiungiamo un centimetro e mezzo, sperando che la rotellina in testa d’albero sia a poppavia come ricordiamo. Per chi come noi è abituato ad improvvisare rientra tutto sotto la voce normale amministrazione (o “business as usual” per i dipendenti delle multinazionali in ascolto).
Durante lo skipper meeting ci impongono un paio di accortezze: presto in acqua perché per raggiungere il campo di regata si devono fare due miglia di bolina e navigare sulla destra nel canale di uscita. Se il primo inconveniente appare gestibile, il secondo è a maggiore intensità emotiva: considerando che la nave da crociera della MSC che entra e esce dal canale un paio di volte al giorno (come secondo lavoro farà il traghetto per Rapallo?) è lunga 323 metri e larga 41, difficile pensare a qualcuno abbastanza temerario da navigare a vela in mezzo al canale. Da capire se “il mostro” è così grande perché deve impegnare 1.400 persone di equipaggio o per ospitare una replica della statua della libertà nel casinò e un LED wall alto 8,5 metri che si estende su 4 ponti con una proiezione dello skyline di Manhattan. Dopo l’osservazione del comitato di regata (“il nuovo ammiraglio è attento, ci sono i radar, ci controllano”) mi sorprendo a pensare a come possano apparire sullo schermo radar i coriandoli di una deriva dopo un incontro ravvicinato del terzo tipo con l’elefante (*) descritto sopra.
Umberto importuna Pietro D’Alì riuscendo a convincerlo che lo Spark con il quale l’ex Luna Rossa ha cominciato ad andare a vela è lo stesso Shark che il buon Cucu usava in gioventù. Entrambe le barche erano in Sicilia, timonate da due velisti che, a giudicare dai risultati in acqua, hanno seguito rotte divergenti. Chissà se chi ha scelto il bordo buono è lo stesso che ricorda il nome corretto. Per ora nessuno lo sak.
In acqua ci accoglie un vento di 12 nodi con punte di 16. Arriva dal quadrante meridionale, stranamente freddo. La spiegazione arriva dal comitato di regata: è il Maestrale (sotto il quale urla e beccheggia il mar) che a Marsiglia ha soffiato a 40 nodi che sulla Corsica gira ed entra a Genova come se provenisse da sud. Questo vento di ritorno è purtroppo in anti fase con l’onda, che ignara della presenza corsa, si presenta incrociata, dando noia a parecchie barche.
Nella seconda prova il vento cala a 10-12 nodi, rendendo ancora più fastidiosa l’onda, che mette fuori uso diversi equipaggi, a conferma del vecchio adagio “ne ferisce più l’onda che la penna della randa”.
Tante belle novità nella parte alta della classifica (entrambe le prove sono ad appannaggio di un equipaggio tanto misto quanto fraterno, Ascoli-Ascoli e Fiore-Fiore), alcune conferme nella parte bassa (noi, con un ultimo e un penultimo). Da quando siam partiti c’è una grossa novità: Pietro D’Alì ci precede di un solo punto.
Durante il rientro in porto intuisco che il giorno dopo la musica sarebbe cambiata: non riesco a superarlo nonostante abbia la barca piena d’acqua e io remato forsennatamente con la sassola.
Sullo scivolo Cocuzza ci aiuta solo perché cerca dadi e bulloni per il carrello del figlio: la ferramenta Pecchenino è il suo fornitore preferito da diversi anni e Umberto è un cliente affezionato. I dipendenti delle multinazionali in ascolto (sempre loro) troveranno conferma nella famosa frase tramandata da direttore marketing a direttore marketing “costa meno conservare un cliente che acquisirne uno nuovo”.
Lascio ad asciugare la roba senza nessuna speranza di trovarla asciutta la mattina dopo.
Il giorno dopo si prevede tramontana, che ha l’indubbio vantaggio di spianare l’onda che, parafrasando Omero, “tanti rutti (e qualcosa in più) addusse ai Fireballisti”.
Se a Riva del Garda ho trovato Cervantes (per chi non lo ricorda andare a vedere l’articolo sulla regata al Fraglia Vela del giugno 2022), qui inciampo in Gabriel Garzia Marquez: a giudicare da quello che scrive (“Mompox, terra felice, dove – come si suol dire – si corica uno e sono due quando fa luce, è un posto pieno di pazzi.”) deve avere avuto a che fare con la nostra classe.
Dello scrittore boliviano suggerisco il “Vivere per raccontarla”, un’autobiografia dalla quale ho capito che non sarò mai uno scrittore professionista perché manco di tutti i fondamentali: non sono mai stato svegliato da un militare armato (legittimo proprietario del talamo che Gabo stava condividendo con una sposa che non era la sua), non ho mai vinto un premio letterario inviando l’unica copia esistente del mio componimento (scritta anni prima a Parigi i cui fogli erano tenuti insieme da una vecchia cravatta), non sono mai stato incluso nel taccuino di Gianni Minà (perdendo l’occasione di fare una gran bella figura, visto che sarei capitombolato tra “il sinistro di Dio” Rivelino e “muscoli” Ken Rosewall).
A terra inciampo su Michele, una new entry con la quale condivido qualche conoscenza e la passione per un’isola magica a nord della Sardegna, a cena su Lorenzo, fotografo ufficiale della manifestazione. I poveretti sono senza auto e vicini di tavolo al ristorante e sono costretti a subire le mie chiacchiere sia in auto che a cena.
Tra energie alternative, centrali nucleari, problemi di Fermi (**)(“se il livello del lago di Garda scende di 1 millimetro quante tonnellate di acqua perdiamo?”)(***), pubblicità (Bill Bernbach e la rivoluzione creativa), scrittori (Buzzati, Guareschi), la fantascienza che ha previsto gli ultimi avvenimenti con cinquant’anni di anticipo (Asimov che nel racconto “Chissà come si divertivano” preconizzava l’educazione dei bambini gestita a casa dai robot; “L’ultima domanda” l’avvento di un computer senziente), ChatGPT (nell’azienda di Lorenzo avevano tre copy writer, ora ne uno solo, il lavoro degli altri due è stato sostituito dall’intelligenza artificiale), biografie (Walter Isaacson su Steve Jobs, quella di Agassi), ai due sono sanguinate le orecchie.
Io e Lorenzo siamo ospiti di Enrica in una casa del 1850, per raggiungere la quale servono un paio di ascensori (non del 1850, per fortuna) e un piccolo trekking vista mare durante il quale intercettiamo una fanciulla con cane al seguito. Memore dei film di Peter Sellers (“morde il suo cane?”, “No”, …… , “Aveva detto che il suo cane non mordeva!”, “ma quello non è il mio cane”) evito di dare confidenza all’animale.
A casa di Enrica trovo un libro molto ben fatto (“Tabù” di Piers Paul Read, che sulle Ande non c’era ma scrive come se ci fosse stato) e la trave a doppio T (“ottima resistenza a flessione, pessima a torsione”, una delle poche cose che ricordo dall’esame di Scienza delle Costruzioni) trasformata in porta CD. Alle sei di domenica mattina siamo in piedi: come insegna Stefano dobbiamo essere in porto prima che chiudano le strade per la mezza maratona. A colazione Lorenzo deve subire la mia spiegazione (con tanto di disegno dell’asse neutro e della distanza delle masse da questo) sulle caratteristiche delle travi. Se nelle foto risulterò fuori fuoco o con una trave nell’occhio non potrò biasimarlo.
In porto si arriva in perfetto anticipo, il che mi permette di chiedermi quello che non voglio sapere veramente: che lavoro fanno gli armatori dei favolosi yacht ormeggiati in zona?
Qualcuno mi suggerisce che “probabilmente fanno lavorare gli altri”, a dimostrazione che le teorie descritte nel saggio del 1936 del barone Keynes di Tilton (“Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”) abbiano ancora diversi estimatori.
Domenica si rimescolano le carte: entra in scena Paolo Brescia mentre per cause di forza maggiore non ci sono Zelda e Umberto e i Fiore.
Con un vento poco intenso (10 nodi a scendere), ballerino e talvolta assente) si riescono a completare tre prove, due delle quali ridotte.
D’Ali metterà tutti d’accordo su chi deve occupare il gradino più alto del podio. Dagnino è secondo ad un solo punto (e scarta un quarto, a dimostrazione di cinque prove sempre nei primi posti), i fratelli Ascoli completano il podio.
Non mi stupisco del risultato di Hernandez (quarto): era così veloce che sabato regatava con il casco (****).
La classe non è acqua (Brescia risale al nono posto nonostante i due DNC di Sabato) e l’acqua non è classe (noi quattordicesimi a 46 punti da D’Alì).
Per la prima volta vinciamo qualche premio ad estrazione: io i dischetti da mettere sui cavi del trapezio, Stefano una torretta Holt. Parafrasando il dottor Gerard Galvan, protagonista di un eccellente lavoro di Daniel Pennac, “la vela è piena di premi di consolazione”.
Riportare la barca sul carrello si rivela una gimkana degna della Croisière jaune degli anni trenta (*****), con un simpatico diversivo offerto da un culturista che si propone di aiutarci ma a modo suo (“posso sollevare solo questa parte”). Una gentildonna sorride bonaria perché ha già avuto a che fare con questo tipo di uomini (“come uno dei miei figli, in palestra solleva 120 Kg ma a casa non riesce a fare nulla.”).
Finiamo di carrellare alle 20.15, probabilmente rallentati dal senso di inadeguatezza che ci ha assaliti appena venuti a conoscenza delle quasi sessanta primavere di D’Alì (“Infatti ha detto che il premio per l’equipaggio over 65 poteva quasi vincerlo da solo”).
Visto che ho cinque anni in meno confido nel prossimo decennio.
(*) La savana è piena di cibo (erba fondamentalmente) ma di scarso apporto nutritivo. Di conseguenza possono sopravvivere animali molto piccoli (es. topi) o animali in grado di ingerire enormi quantità di cibo di cattiva qualità. Per digerire ingerire enormi quantità di cibo di cattiva qualità serve un intestino enorme. l’elefante è grosso perché deve contenere un sistema digerente enorme. Come la MSC Seashore con i suoi ammennicoli americani.
(**) problema di stima ideato per insegnare l’approssimazione.
(***) Ho sovrastimato la superficie del lago benedetto dall’Ora (usando la Centomiglia ho supposto fosse lungo 180 Km e largo 50 Km ottenendo 450 Km quadrati. In realtà sono solo 370. Ho supposto una profondità media di 100 metri quando la massima è 346 e la profondità lacustre 146)
(****) La domenica è passato al timone, senza casco. Le malelingue sostengono che il giorno prima lo indossasse perché guidava una donna.
(*****) raid di 30.000 Km da Beirut a Pechino effettuato con semi-cingolati Citroën.
MONTEROTONDO (RM) - Oggi, con grande generosità e simpatia, Riccardo Halgass ha donato alla Classe il Fireball appartenuto a suo papà Andrea.
Si tratta di una bellissima barca in legno autocostruita che con le amabili cure di Giovanni Giò Dagnino (delegato della Liguria) diventerà presto un'eccellente barca sociale.
Per ricordare chi è stato Andrea Halgass, e per presentarlo brevemente a chi non l'ha conosciuto, ci affidiamo alle parole di Letizia Monosilio, mitica timoniera del Lago di Bracciano, la quale è stata testimone diretta della sua infaticabile passione per questa affascinante barca.
"Andrea Halgass era per tutti “il Nonno Eterno”.
A pensarci ora non ricordo neanche perché, ma questo è il nomignolo che lo ha accompagnato durante la sua carriera velica nella classe Fireball. Forse perché era più grande della maggior parte di noi, forse per quell’aria da saggio che lo caratterizzava, chissà….
Ufficiale dell’aeronautica di giorno, maestro d’ascia di notte, dalle sue abili mani sono uscite, nel giro di pochi anni Betelgeuse , Arcturus e Rodenzia, costruita per e con un amico.
A lui ci si rivolgeva se si aveva bisogno di aiuto o consiglio per risolvere un problema tecnico sulla propria barca.
Eclettico, appassionato di montagna, di fotografia, di programmazione e di vela, insieme ad Oriana Chiacchiera, la sua prodiera, ha solcato per tanti anni le acque di Bracciano ed è stato compagno di molte bellissime trasferte.
Le sue cantine, nella casa di Monterotondo, erano sempre aperte a chi aveva bisogno di un rifugio per sistemare la propria barca, io ero ospite fissa e abbiamo passato lunghi inverni tra levigatrici, pennelli e salsicce alla brace. Quando il sole calava ci si rifugiava in casa, davanti a una tazza di nescafè bollente, magari con un giaccone di rinforzo, perché dentro la temperatura era a dir poco siberiana.
Andrea ora non c’è più, ma il ricordo di quelle giornate trascorse insieme, ancora mi scalda il cuore."
Dunque un immenso grazie a Riccardo per aver deciso di donare l'ultima barca di Andrea all'Associazione Fireball Italia la quale, dopo averla restaurata, si occuperà di prestarla, in comodato d'uso gratuito, ad un nuovo equipaggio che vorrà conoscere meglio la nostra splendida deriva...
DESENZANO DEL GARDA - Anche quest’anno grande successo per la 61esima edizione delle GIORNATE VELICHE Fraglia Vela Desenzano.
Sabato verso metà mattina 6 fireball erano schierati e pronti a scendere in acqua, Ita 11545 Curotti/Curotti, Ita 14541 Della Casa/Deriu, Ita 14377 Arena/Nicoletti, Ita 14246 Mori/Rossato, Ita 14895 Stefanini/Borzani e il nuovissimo equipaggio Alessandro Archetti con due prodiere Elisa Ziletti e Nike Biza su Hali Ita 14007.
Il comitato ha fatto uscire in acqua tutte le barche (erano presenti 420, Contender, RS Feva e D-one) e posizionato il campo di regata su un “vintage” trapezio come le più classiche Olimpiadi, percorso molto apprezzato dai partecipanti in quanto prevede molta navigazione in poppa a favore dei laschi tipici del triangolo.
Il maestrale che spazzava tutta la penisola si fa sentire anche sul Garda regalando raffiche di Ander ben oltre i 25 nodi e quindi il comitato per evitare problemi issa Intelligenza su Hotel e rimanda tutti a terra attendendo che il vento si stabilizzi un po’. Giusto il tempo di riposarsi un attimo e viene issata Delta che rimanda tutti in acqua a combattere con 15 nodi e raffiche fino a 20. La partenza, che doveva essere separata per classi, visto l’esiguo numero di temerari sulla linea viene fatta tutti assieme e i Fireball si lanciano sul percorso, capitanati dal Presidente Borzani che, nonostante un paio di scuffie, mantiene sempre la testa della corsa.
Da segnalare la grande correttezza di Stefanini, pluri campione, che avendo toccato la boa 1 esegue prontamente una penalità di 360°, allontanandosi leggermente dal percorso, e viene affiancato dall’agguerrita White Caos, ma grazie alla velocità di Phenobarbital riesce ad accelerare a sfuggire all’attacco di Mori/Rossato e si porta a casa la vittoria.
Più sfortunati gli ospiti Piemontesi Jacopo e Alberto che tra la prima e la seconda prova perdono la scotta della randa e mestamente vengono trainati in porto dall’assistenza FVD.
Il nuovo equipaggio Archetti/Ziletti, alla loro prima uscita in Fireball si trovano a combattere con un vento impetuoso ma mantengono la calma e grazie alla perizia acquisita in anni di Laser e 420 restano sempre in contatto con la flotta, e unici nella flotta non scuffiano MAI in regata (regandosi solo un bagnetto per lavare Hali del delegato zonale).
I due Curotti papà Paolo e figlio Tommaso, portano a casa la prima prova per poi abbandonare il campo a causa del vento troppo sostenuto, mentre Arena/Nicoletti, pur affrontando la furia dell’ander non se la sentono di partire.
Finisce la prima prova con Ita14859 che taglia prima, Ita14242, Ita14007, Ita 14545 e Ita11545 che finiscono la prova in circa 40 minuti come da previsione del Cdr.
Le altre due prove, vinte manco a dirlo dai soliti Campioni, vedono sfidarsi Mori e Archetti che portano a casa un secondo e un terzo a testa.
Domenica, anche a causa del cambio dell’ora porta i nostri equipaggi assonnati al circolo al circolo la mattina presto, ma il vento è assente. Il Comitato si prepara comunque a posizionare il campo di regata e verso le 11 un venticello attorno ai 4/5 nodi si stende e consente di iniziare le procedure di partenza, ma l’unico equipaggio in acqua sono i Curotti che partono esattamente all’ammina della bandiera di classe.
Gli altri equipaggi, attardati dalle lusinghe della Cambusa della Fraglia vela Desenzano, arrivano tardi sul percorso e si lanciano all’inseguimento. Il comitato, dato il vento in calo issa sul gommone di bolina la bandiera Sierra con due suoni e riduce il percorso alla boa 2, dopo aver fatto completare Bolina, traverso, poppa e bolina.
Gli unici a tagliare il traguardo ridotto, sotto lo sguardo invidioso del delegato Pedroni, sono nell’ordine Stefanini, Della Casa, Curotti e Archetti.
Al rientro a tutti i partecipanti viene offerto il sempre apprezzato pasta party e la premiazione gestita dal Presidente del circolo Stefano Loda.
Da queste due giornate Gardesane ci portiamo a casa la solita gioia di trovarsi assieme a “giocare” con lo sport più bello al mondo, in una cornice di amicizia e divertimento. Il Garda, come al solito, non delude!
Prossimo appuntamento della classe sarà a Genova il 15 e 16 Aprile per la prima Nazionale sotto la direzione del Delegato Dagnino che ospiterà i concorrenti presso il Comitato Circoli Velici Genovesi.
DESENZANO DEL GARDA - Arriva la primavera e riparte l'intensa stagione dei Fireball che ci condurrà con eventi nazionali ed internazionali a cadenza pressoché mensile al Campionato Europeo di Settembre a Portorose.
Primo appuntamento stagionale a Desenzano, con le tradizionali "Giornate Veliche" quest'anno giunte alla 61° Edizione, la più antica regata del sodalizio Fraglia Vela prossima a spegnere le 65 candeline il prossimo 20 Aprile. La regata, valevole per il Campionato INTERZONALE I-XIV-XV Zona, si disputerà nei giorni di Sabato 24 e Domenica 25 con segnale di avviso alle 13:30 .
Cinque le prove previste nel consueto specchio acqueo antistante il Porto Maratona tra la Punta del Vò e Rivoltella con un ritorno al percorso olimpico di Atlanta '96.
" Non è una vera e propria operazione nostalgia, " - spiega Steven Borzani, consigliere FVD con delega alle derive master - " ma la partecipazione degli amici del Contender , i nuovi arrivati nel D-One e soprattutto i tanti giovani che saranno presenti col 420 , ci suggeriscono di praticare percorsi alternativi ed accattivanti ".