One more thing: Spettacolo a San Bartolomeo

di Lorenzo Rondelli

 

SAN BARTOLOMEO A MARE - A conferma che navigare in Fireball provoca assuefazione, ben 16 Fireballisti, non paghi del campionato europeo di Salivoli dello scorso Settembre e della Nazionale di Rapallo di fine ottobre, si sono ritrovati nel bel circolo di San Bartolomeo la prima fine settimana di Novembre (6-7). 

Richiamati da due guide tecniche d’eccezione (Luca Stefanini, due volte campione italiano Fireball e fresco vice campione europeo, miglior risultato di sempre di un equipaggio italiano, e Carlo Zorzi, già campione italiano Fireball) i Fireballisti sono sciamati da circoli di cinque diverse zone (I, II, XIV, XV, IV zona): LNI Chiavari, LNI Santa Margherita, CN Andora, CV Cogoleto, CN San Vincenzo, VC Campione, AVNO, CN Torino, CN Levante, CVAT Anzio. 

Venerdì sera sono troppo lesso per partire da Milano alla volta della riviera ligure. Il navigatore mi indica due ore e mezza per raggiungere l’agognata meta, l’anzianità della mia auto (373.000 Km e 24 anni) mi suggerisce tre ore, mia moglie è convinta che sforerò abbondantemente le quattro ore. 

Come al solito le mogli hanno sempre ragione: pur alzandomi alle cinque e mezza, complice una fila in autostrada di 45 minuti, arrivo alle dieci passate. Non tutto il male viene per nuocere: durante l’attesa nella corsia di sorpasso (un nome che sfiora il reato di abuso di credulità popolare, viste le circostanze) importuno per telefono un ex collega. Al poveretto sanguinano così tanto le orecchie che riesco a strappargli un invito a cena per il Sabato successivo. Considerando che nei sei anni passati in quella azienda non avevo mai registrato un simile evento, lo considero un piccolo record. 

La mattinata di Sabato è stata dedicata alla messa a punto delle sei barche, operazione non banale considerando l’eterogeneità della flotta: un Fireball completamente in legno, uno autocostruito in vetroresina con la coperta in legno, uno già campione del mondo, uno completamente sconosciuto alla neo armatrice perché appena acquistato. 

Il circolo SanBart è ben attrezzato: c’è posto per i carrelli stradali e per ricoverare le barche all’iinterno. Gentilissimi e super accoglienti come al solito. 

La brezza autunnale che imperversa su tutto il litorale mi ricorda i bei tempi, quanto riuscivo a regatare a Riva del Garda (quattro anni consecutivi dal 2003 al 2006, uno dei quali con 26 nodi di vento) o a Saint Malo (2009, quando sotto gennaker abbiamo raggiunto i 15,5 nodi di velocità… scuffiando subito dopo, ma questa è un’altra storia). 

Si decide di tutelare barche (soprattutto quelle in legno, tra le quali la nostra) e certi equipaggi (tra i quali anche lo scrivente) e si esce con due barche affidabili e il gommone prestato dal circolo. Gli equipaggi avrebbero ruotato. 

La scuola vela del circolo è fuori con due RS Tera, diversi Optimist, un 420, un Laser Bahia, a dimostrazione dell’ottima organizzazione. 

Mentre si attende l’imbarco si parla di letteratura: un nuovo adepto della classe è uno studente della scuola Holden (tra i colleghi di Baricco c’è anche Matteo Caccia, formidabile conduttore radiofonico nonché appassionato velista e istruttore del Centro Velico Caprera) e spaziamo dal grande Dino Buzzati (La boutique del mistero) alla fantascienza di Ray Bradbury (Cronache marziane). Il stato del mare è degno dei quaranta ruggenti: ci sono venti nodi abbondanti con numerose raffiche a venticinque. Al timone Luca e Carlo fanno vedere di che pasta sono fatti, dimostrando ancora una volta che non si arriva a certi risultati per caso. Proprio sul più bello (cioè quando Luca vuole tirare su lo spinnaker… o sul più brutto, come ci ha confessato il suo prodiere, al quale erano sufficienti le emozioni provate a vele bianche) si strappa la randa del loro Fireball. 

Tornati a terra un socio del circolo si offre di riparare la randa: tutti noi apprezziamo, mentre la vela non collabora, mostrando uno strappo dall’inferitura alla balumina degno del coltello di Crocodile Dundee. Davanti alle spoglie della vela mi risuona la risposta data poche ore prima al mio timoniere Stefano (“che vele usiamo?”, “usiamo quelle da regata, così potremo avere delle indicazioni valide”).

L’avventura con Luca è ben descritta da Umberto Cocuzza: “il Paradiso per un prodiere: mi ha detto di stare fermo sparancato fuori, a tutto il resto avrebbe pensato lui”, tornato improvvisamente giovane: L’ultima volta che aveva goduto così tanto è stato al campionato europeo del 2012 a Bracciano, quando Martucci lo ricondusse a terra incurante di un vento spaventoso (che aveva causato una crisi di nervi alla sua timoniera che si era rifiutata di tornare sulla barca dopo la quinta scuffia). 

La scuola vela del circolo rientra senza danni. Le fanciulle del Laser Bahia pensano già a come se la caveranno i mariti il giorno dopo. 

Anche stando a terra io e Stefano abbiamo preso un sacco di vento: la sera siamo cotti e arriviamo quasi gattonando in pizzeria, dove troviamo quelli che dovrebbero essere sotto la tenda ad ossigeno (Luca, Carlo e i fortunati che gli hanno fatto da equipaggio) freschi come rose. 

La cena è eccellente: pizza per la modica cifra di 16 Euro e rotti, inclusa birre, bibite e acqua. 

Tra una margherita e una quattro formaggi si riprendono i discorsi letterali del pomeriggio, stilando un improvvisato elenco di libri ben fatti. Tra gli autori spiccano registi (Dino Risi “I miei mostri”), politici (Emilio Lussu, “Un anno sull’altipiano”), fisici (Richard Feynman “Sta scherzando Mr. Feynman”), insegnanti (Gesualdo Bufalino, “Le menzogne della notte”), antropologi (Thor Heyerdhal, “Kon Tyki”) e pochi scrittori di professione. La classe Fireball si riconosce anche a tavola. 

Il libro di critica sull’arte pittorica che pilucco prima di andare in branda è pieno di sorprese: scopro che ne “il cambiavalute e sua moglie” di Metsys c’è un piccolo specchio dove compare il cliente del cambiavalute, rimango piacevolmente sorpreso dal trucco che Magritte usa ne “il trionfo della luce”, storco il naso quando ne “Il mare di ghiaccio” di Friedrich il testo parla di una prua quando il relitto dipinto è inequivocabilmente la poppa di un galeone. Peccato gli autori non menzionano il dramma del pittore (il fratello muore annegato nel tentativo di salvarlo dopo che la lastra di ghiaccio sulla quale pattinava si era rotta) che lo porterà a dipingere moltissimi paesaggi dove il ghiaccio regna incontrastato. 

Domenica il vento è calato (ma non troppo): tutti gli uomini (e le donne: ben tre fanciulle fanno parte della partita!) validi vanno in acqua. Come al solito mi dimentico di far partire il cardiofrequenzimetro comprato in Agosto (e praticamente mai usato): di questo passo ci metterò meno tempo a diventare bravo in Fireball che a capire come funziona il mio apparato cardio circolatorio in navigazione. Peccato perché in una mezza dozzina di situazioni (barca tutta sbandata e io e Stefano arrampicati come gatto Silvestro per evitare un bagno in un’acqua ad una temperatura simile a quella presente nei quadri di Friedrich) mi avrebbe fatto piacere sapere a quanti battiti sono arrivato. Il vang poco cazzato ci fa sbandare troppo e di bolina ci riempiamo di acqua, mentre di poppa non abbiamo il fegato di issare lo spinnaker (bravi tutti gli altri che lo fanno). 

Il tempo è clemente e disarmiamo all’asciutto. Il debriefing finale è al bar: cedo ad un gelato (il secondo da Maggio, se non ricordo male). 

Torniamo a casa più ricchi (abbiamo imparato un sacco di cose), più grassi (sono aumentato di due chili) e con il problema del tempo libero risolto (Stefano, come se non bastasse l’elenco di lavori sulla barca che Luca gli ha suggerito, dovrà rifare per Elisa e Paola pala timone e deriva). 

Cosa non si fa per le donne (o per il Fireball?)